Il Death Note di cui andrò a parlare sarà l’anime tratto dal manga giapponese, non avendo avuto la possibilità di leggere il fumetto non posso esprimermi sulla qualità dello stesso. La storia è piuttosto lunga e rimando ad altri siti o alla visione delle stessa serie per scoprirla. La serie, seppur pensata per un pubblico maschile giovane, ha un’assenza quasi totale di scene di azione in favore di una sfida di cervelli piuttosto godibile, ci vuole comunque una grande sospensione di credulità in quanto trame, mosse e contromosse del protagonista con i relativi antagonisti spesso sfiorano il ridicolo. La storia è quindi una sorta di poliziesco, un gioco enigmistico in cui l’amore per le regole giapponese viene fuori, tutto deve essere spiegato, come funziona il death note, cosa succede in improbabili situazioni che non avverranno mai nella storia, (cosa del tutto assente nella narritiva occidentale, qualcuno ha idea degli esatti poteri degli anelli di Tolkien?) eppure queste stesse regole sono usate minimamente il death note viene fondamentalmente usato per uccidere carcerati e poco per controllare le azioni altrui.
I colori cupi, la cattiveria del protagonista e la sua infantilità sono dei punti di forza, tuttavia ad un certo punto viene introdotto un elemento femminile e la serie comincia a perdere colpi, sebbene un cambiamento di rotta era auspicabile a quel punto poiché la storia stava diventando stanca, la deriva comica e un sostanziale cambio di genere fanno solo chiedere: perché? cui prodest? Un successivo ritorno a un tono cupo non può che essere quindi ben accetto. Verso l’ultimo terzo di storia tutto comincia a sembrare già visto ma con un buon finale che mette pace a tutti gli interrogativi lasciati aperti il tutto si conclude in modo soddisfaciente.
Oltre a ciò una buona resa grafica dei demoni (i giapponesi in quello non sbagliano mai), una morte onnipresente soprattutto all’inizio della storia, con personaggi ben caratterizzati eliminati abbastanza facilmente e l’idea del sacrificio della vita per avere l’occhio sono dei valori aggiunti che dimostrano che l’autore non aveva alcun problema a rischiare, questa stessa caparbietà la si trova anche nel cambiamento di rotta a metà storia, anche se questa volta con un pessimo esito. Inoltre una piacevole sigla conclude il quadro.
Il protagonista è sicuramente particolare: cattivo e sadico perde di importanza con l’arrivo di Elle fino al momento in cui il ruolo di protagonista è fumoso e si divide tra i due avversari, in più di una occasione si fa tifo per il detective più bravo del mondo (una delle cose più stupide mai sentite, cosa fanno le classifiche dei detective?). Light insomma è una sorta di American Psycho o Ludwig che tuttavia alla perdita del quaderno si trasforma in una sorta di angioletto, in una poco chiara trasformazione. Viene sottolineata l’infantilità del protagonista e di Elle, ciò giustifica in parte l’uso del quaderno in quel modo e trasuda di onestà con il fruitore dell’opera. Tuttavia il personaggio femminile è completamente stupido, non ha carattere e vive la sua vita come uno strumento nelle mani dell’altro non esita ad accorciarsi la vita due volte per la sua stupidità, chiaramente a un certo punto non si sa cosa fare di lei e vive quindi ai margini della storia, incompiuta e senza spina dorsale.
La mia puntata preferita è la settima che all’interno ha una sfida intellettuale, grande tensione e viene fuori tutto il sadismo del protagonista (a mio parere la visione più onesta dello stesso).
In conclusione un anime che vale la pena vedere, forse un po’ più lungo di quello che doveva veramente essere e che non riesce a sfruttare al cento per cento tutte le sue potenzialità ma sicuramente originale e abbastanza godibile. Una buona abilità di narrazione, più di una volta crea una forte tensione, riesce a far completare agevolmente la visione.